Torniamo sui temi dell’etica nello svolgimento delle attività di gestione e recupero del credito ragionando sulla sostenibilità di un piano di rientro del debito. Proviamo ad analizzare lo scenario e gli attori: Il creditore, il debitore e, in fine, il negoziatore (la società di gestione del credito).
Bene, il denominatore comune è trovare una soluzione sostenibile. Ovviamente la sostenibilità deve essere trasversale a tutti gli attori, questo per oggettivi motivi, diversi fra i tre.
Il creditore deve, passatemi il termine, far tornare i conti.
Il debitore, a seconda della sua situazione economico/familiare, deve poter sostenere una rateizzazione compatibile alle proprie entrate e quindi potersi «rialzare» e vivere oltre che partecipare alla vita sociale in forma di consumatore attivo.
Il negoziatore deve svolgere un lavoro scrupoloso ed equo, atto a garantire entrambe le parti in gioco, senza agevolare alcuno ma bilanciando lo sforzo di tutti con lucidità e argomentazioni credibili.
Detto ciò, la vera difficoltà sta spesso nella diffidenza e l’azione del negoziatore, è una gincana di intercessioni tra paletti di policy aziendali e stati di indigenza più o meno reali. Conquistare la fiducia degli interlocutori garantendo gli interessi di tutti è possibile solo laddove si operi con grande professionalità e spirito sociale, ponendosi su piani equi dove la gentilezza e il rispetto della dignità umana possono andare a braccetto col rispetto delle regole, degli impegni e delle obbligazioni assunte.
Concludendo, il compenso del negoziatore sarà anch’esso riconosciuto equo e decisamente sostenibile a fronte, appunto, della piena soddisfazione dei bisogni delle parti.