Basilea4, accordo raggiunto Ratifica attesa entro dicembre
I lavori per Basilea 4 sono sostanzialmente conclusi. L’annuncio, dopo che si lavora da lungo tempo alla revisione di Basilea 3 e dopo un anno di stop and go dovuto al cambio dell’amministrazione Usa, è arrivato la scorsa settimana dalla Banca d’Italia. Lo ha rivelato il responsabile della vigilanza, Carmelo Barbagallo, nell’ambito di un intervento sulla regolazione bancaria internazionale. La Banca d’Italia, assieme a una trentina di autorità di vigilanza di altrettanti paesi, fa parte del Comitato di Basilea, che si occupa in estrema sintesi di definire i requisiti patrimoniali e di liquidità al fine di garantire la stabilità delle banche. L’accordo sul testo finale è stato raggiunto il mese scorso; la bozza, sulla quale è mantenuto uno stretto riserbo, è stata consegnata ai componenti del comitato per una presa di visione finale e andrà all’approvazione definitiva nella riunione in calendario a dicembre. Dovrebbe essere prevista anche la ratifica da parte del governatori delle banche centrali (Ghos).
Le banche attendono da tempo chiarezza sui tempi di entrata in vigore delle nuove regole, perchè l’impatto che queste sono destinate ad avere sugli intermediari, visto che introducono una stretta sui requisiti patrimoniali, sarà importante in termini di dotazione di capitale aggiuntivo che dovrebbero richiedere. Da circa un anno buona parte dei temi sotto revisione, in termini di implementazione rispetto all’accordo su Basilea3 varato dopo il default Lehman del 2008, erano stati definiti. L’aspetto cruciale sul quale mancava l’accordo, soprattutto per la resistenza delle banche nordeuropee, francesi e tedesche, era il cosiddetto output floor, un meccanismo destinato a cambiare le modalità di calcolo degli accantonamenti che un istituto di credito deve fare rispetto ai rischi che assume con investimenti e impieghi. L’impatto più significativo lo avranno proprio le banche nordeuropee, svedesi, olandesi, irlandesi, ma anche quelle francesi e tedesche, poichè adottano i modelli interni per calcolare i rischi e i corrispondenti assorbimenti patrimoniali. Questi modelli sinora hanno determinato una asimmetria, perchè risultano meno severi rispetto ai modelli standard, utilizzati dalle banche Usa e in buona parte da quelle italiane. La soglia dell’output floor, in base all’accordo raggiunto il mese scorso, sarebbe pari a 72,5%: questo significa che l’esito del calcolo dell’assorbimento patrimoniale eseguito con il modello interno non deve comunque essere inferiore al 72,5% del numero che risulterebbe utlizzando i modelli standard. Tradotto in parole povere: le banche nordeuropee alla fine potrebbero risultare un po’ meno competitive rispetto a quelle italiane, perchè costrette ad accantonare di più.
C’è poco da esultare, in ogni caso, perchè la stretta a tutto sui requisiti patrimoniali determinerà un conto salato per gli istituti di credito europei. Un recente report di McKinsey, pubblicato lo scorso aprile, sul possibile impatto di Basilea 4 su una platea di 130 banche europee ha calcolato in 120 miliardi il capitale addizionale che potrebbe richiedere (leggi nuovi aumenti di capitale) e una contrazione del return on equity del settore pari allo 0,6 per cento. Secondo lo studio, l’impatto complessivo della revisione potrebbe comportare una discesa del Cet1 (il ratio principale che misura la solidità di una banca) medio europeo dal 13,4 al 9,5%, del quale la componente maggiore è determinata dall’introduzione dell’output floor, che pesa per l’1,3% medio. È importante, però, ricordare che dovrebbe comunque essere stato confermato l’approccio di una introduzione graduale e progressiva dei nuovi requisiti in un arco temporale tra il 2021 il 2027.
Nel suo intervento Barbagallo ha rassicurato sul fatto che l’esito della revisione di Basilea3 «grazie anche alle posizioni portate avanti dalla Banca d’Italia, risulterà in linea con le indicazioni dei governatori e dei capi della vigilanza (Ghos), che aveva chiesto di rivedere le metodologie senza aumentare significativamente i requisiti di capitale complessivi». È sul peso specifico di ciò che è considerato «significativo» che si capirà se il sistema bancario la vede come la vigilanza. Negli ultimi tempi, aveva spiegato Barbagallo, «l’attività del comitato di Basilea si è concentrata sulla semplificazione dei metodi per il calcolo dei requisiti prudenziali e sulla riduzione della variabilità degli attivi ponderati per il rischio (gli Rwa, che rilevano ai fini dell’introduzione dell’output floor, ndr), nella misura in cui non sia giustificata da effettive differenze nella rischiosità delle esposizioni, come auspicato dalla stessa industria». I lavori, ha aggiunto, «sono ormai sostanzialmente conclusi. L’elemento più controverso del negoziato ha riguardato la calibrazione del cosiddetto aggregate output floor».
di Laura Serafini
Fonte: Il Sole 24 ORE del 02 novembre 2017
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